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I piaceri della carne


La carne è buona ma se non è italiana che carne è?
Carne: sana e buona ma sempre sul “banco degli imputati” da innocente. Gli italiani ne mangiano 75 kg a testa ogni anno.

A Roma, 9 marzo, presso la sede della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), esordisce con la carne, l'iniziativa “A lezioni di…”, una serie di incontri informativi promossi dalla Cia per raccontare le produzioni agricole e alimentari italiane da ogni angolazione, dal campo alla tavola.

Allarmi, veri o presunti, scoop e fake, ma anche sfide ideologiche, il tutto intorno a un prezioso alimento: la carne. Un prodotto che, al netto di ogni rispettabile opinione e scelta, rimane una proteina fondamentale per la salute e il benessere umano. Oltre a impegnare nel nostro Paese un gran numero di lavoratori in 200 mila allevamenti, generando una ricchezza pari a più di 16 miliardi di euro e contribuendo alla tenuta di vasti territori assieme al tessuto socio-economico connesso. Dalla vicenda “mucca pazza” all’aviaria, passando per gli annunci catastrofisti dell’Oms-Organizzazione mondiale della Sanità e i vari studi “anti-carni” che ciclicamente trovano la ribalta mediatica, la ripercussione diretta sul comparto zootecnico è pesata per oltre 5 miliardi di euro in vent’anni. Un dato che si contrappone, fortunatamente, a un altro elemento inconfutabile: in Italia non si conta un solo decesso accertato per queste cause. Anche grazie al livello di controlli e sicurezza nel nostro Paese sulla carne, che la pone al top mondiale sotto tale aspetto. Con questo quadro si è aperta la prima di una serie di incontri “A lezioni di…” che la Cia-Agricoltori Italiani vuole dedicare alle produzioni agricole e alimentari Made in Italy
Un format che rimanda agli “educational” e che vede il contributo di produttori, esperti, nutrizionisti e Agrichef che daranno risposte a giornalisti e blogger, andando a svelare ogni peculiarità dell’alimento preso in esame.
Sul fronte della biodiversità, qualità e tipicità -si è detto nella lezione della Cia- il nostro Paese non ha da invidiare proprio nessuno: chianina, piemontese o fassona, marchigiana, grigio alpina, podolica, maremmana, romagnola, limousine, sardo-modicana, agerolese. Solo per citare le più diffuse tra le carni rosse. Poi ci sono quelle suine, ovi-caprine, avicole e cunicole (conigli). Gli italiani ne mangiano circa 75 kg pro capite l’anno, così suddivisi: 21 kg di carne bovina; 33 kg di carne suina; 19 kg di carne avicola e poco meno di 2 kg di carne ovina. Numeri in flessione con i consumi delle famiglie più spostati verso i carboidrati.
Anche sui metodi di cottura sono emersi elementi interessanti: gli italiani, ad esempio, stanno scalando le classifiche mondiali tra gli amanti del barbecue: sono quinti alle spalle di americani, australiani, francesi e tedeschi, ma davanti agli inglesi.
Sul fronte degli aspetti salutistici si è soffermata la nutrizionista Francesca De Benedictis, che ha spiegato il valore biologico della carne, l’effetto saziante, gli abbinamenti corretti e gli accorgimenti per sfruttarne al massimo le proprietà nutritive.
Sullo stato di salute generale del comparto, invece, è intervenuto il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino, che non ha nascosto come qualche problema da superare ci sia. Anche partendo da una maggiore organizzazione del prodotto, quindi filiere più coese e accordi di ampio respiro -proprio sulla carne- con l’artigianato, l’industria e gli enti locali, per legare a doppio filo il prodotto al territorio, rafforzandolo. E generando così - ha concluso Scanavino - un “network di valori” che porterebbe tangibili benefici anche sul mercato.









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