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Meno Crescita e più Sviluppo

Nella separazione, nella discrasia tra Crescita e Sviluppo, sta il vero peccato originale dell'economia capitalistica. Ancora ieri il professore emerito Mario Monti, Economista per professione Presidente del Consiglio per scelta altrui, da economista qual è, ha ribadito che l'Europa deve “crescere” nel suo complesso. No professore, se l'Europa vuole salvarsi deve riprendere a svilupparsi; come nei secoli passati, lo sviluppo passa sì attraverso gli scambi commerciali, ma accompagnati parallelamente, e mai disgiunti, dagli scambi culturali e artistici tra mondi lontani e diversi, in grado di arricchire gli uni e gli altri. L'economia deve essere strumento a servizio dell'uomo, non il contrario. Arricchimento dell'uomo come individuo creativo e pensante fatto di corpo e di spirito. La crescita economica da sola è arida, porta ad egoismi, chiusure e guerre.
Pertanto. la parola d’ordine, deve essere decrescita, ma nel significato che le dà il progresso spirituale e culturale; sottolineando con forza la necessità di abbandonare l’obiettivo della crescita illimitata, la ricerca del profitto da un lato e la schiavitù degli individui al consumo acritico e bulimico, con conseguenze disastrose per l’ambiente, per la persona, per l’umanità.
Consumiamo troppo, mangiamo troppo, buttiamo e sprechiamo troppo. Soprattutto viviamo nella convinzione che sia possibile una crescita infinita, affollando pochi luoghi, le grandi metropoli, che diventano asfittici e aridi, inadeguati a offrire a tutti una vita a misura d'uomo. Cominciamo ad utilizzare lo sviluppo tecnologico per razionalizzare e ottimizzare la vita, migliorando l'uso dei territori e delle risorse.


La saggezza della lumaca
Gandhi diceva che se si vuole contribuire al benessere del mondo bisogna iniziare dalla propria casa e ancora Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo. Ma come molti dicono, la crescita, da quando il mondo è mondo, è una cosa buona, sta nella natura delle cose; ma si tratta ancora una volta della crescita economica alla quale, aggiungeremo che non è mai stato disgiunto dallo sviluppo. Per chiarirci, oggi la società è malata perché è resa schizzofrenica dalla separazione tra essere e avere, tra economia e cultura condivisione idee creatività.
è interessante notare che la smania di crescere economicamente, di produrre e consumare per migliorare il benessere, ha al contrario, non ha risolto la povertà e anzi ha prodotto una società povera di umanità e di morale, problemi di salute fisica e mentale. Se la crescita producesse automaticamente benessere, dopo decine di anni di questo sistema legato al PIL (Prodotto Interno Lordo), dovremmo vivere in un vero paradiso, e invece viviamo in un inferno. E allora forse, e senza forse, converrà riportare al centro l’uomo, l’individuo, per superare l’ossessione dell’incremento del PIL, privilegiando, invece, la qualità della vita per una Felicità Interna Lorda, il FIL (Gross National Happiness – GNH) basata sui valori etici e spirituali.
Serge Latouche - teorico della decrescita - propone la saggezza della lumaca: “la lumaca costruisce la delicata architettura del suo guscio aggiungendo una dopo l’altra delle spire sempre più larghe, poi smette bruscamente e comincia a creare delle circonvoluzioni stavolta decrescenti. Una sola spira più larga darebbe al guscio una dimensione sedici volte più grande”. La lumaca, evidentemente dimostrando maggiore saggezza degli uomini, “capisce” che quella eccessiva grandezza peggiorerebbe la qualità della sua esistenza e allora abbandona la ragione geometrica in favore di una progressione aritmetica.

Decrescita, una rivoluzione
Oggi più che mai, la crescita sacrifica lo sviluppo delle popolazioni e il loro benessere concreto e locale, sull’altare del ‘benavere’ astratto, de territorializzato. Una crescita che uccide e non tiene conto delle Identità territoriali, locali, in grado di confrontarsi e competere con la globalizzazione.
Il nuovo paradigma dovrebbe e può guidare scelte concrete ecosostenibili della politica. Oggi la crescita come sviluppo è un affare redditizio solo a patto di coinvolgere la natura e tutte le generazioni, una rinnovata attenzione alla salute dei consumatori, alle condizioni di lavoro e, soprattutto, alla considerazione delle eccellenze dei paesi del sud, non visti come parassiti del nord ma come portatori di un senso della vita attento ai valori. Ripensamento delle scelte sbagliate e riposizionamento dei paesi in base alle proprie caratteristiche, diminuire lo strapotere dell'industria per rivalutare l'agricoltura e il lavoro artigiano più umani per tempi di lavoro e soddisfazione individuale.
La via per questa rivoluzione, può trovare un utile piano progettuale attuabile attraverso un circolo virtuoso, teorizzato da Latouche, basato su otto “R”:
Rivalutare


I valori borghesi del secolo scorso un poco alla volta si sono prosciugati, lasciando soltanto dei gusci vuoti: megalomania individualistica, rifiuto della morale, egoismo. La società della decrescita dovrà poggiare su un sistema rovesciato di valori. “Amore della verità, senso della giustizia, responsabilità, rispetto della democrazia, elogio della differenza, dovere di solidarietà, uso dell’intelligenza”.

Riconcettualizzare


Diventa necessario ripensare alcuni concetti fondamentali come quelli di ricchezza e povertà, “ma anche il binomio infernale, fondatore dell’immaginario economico, rarità/abbondanza”.

Ristrutturare


“Ristrutturare significa adeguare l’apparato produttivo e i rapporti sociali al cambiamento dei valori”. Per fare un esempio si potrebbero riconvertire le fabbriche automobilistiche in fabbriche di macchinari per il recupero di energia attraverso la congenerazione.

Rilocalizzare


Quello della località è uno dei concetti cardine di tutto il paradigma della decrescita e anche uno dei più anti moderni. “Se le idee devono ignorare le frontiere, al contrario i movimenti di merci e di capitali devono essere limitati all’indispensabile”. La cultura, la politica e il senso della vita devono ritrovare un “ancoraggio territoriale”

Ridurre


Ridurre significa innanzitutto ridurre gli sprechi, in modo da gravare di meno sulla nostra povera biosfera. È inaccettabile che oggi i paesi ricchi producano 4 miliardi di tonnellate di rifiuti l’anno. Altre cose da ridurre urgentemente sono gli orari di lavoro, per restituire il tempo a tutto quello che rende la vita degna di essere vissuto e il turismo di massa, con le sue gravose conseguenze, come l’inquinamento e la distruzione delle destinazioni che subiscono questo turismo.

Riutilizzare/riciclare


Forse la più scontata delle “R”, è un concetto ormai dato per acquisito, allora come mai le amministrazioni e la politica non lo hanno ancora trasformato in un cardine del nostro sistema produttivo?

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